Immaginiamo una donna.
Giulia, 43 anni, separata.
Ha due figli adolescenti e lavora su turni presso un grande magazzino che vende mobili. Sogna di visitare la Svezia e ama ballare.
Improvvisamente Fulvio, il padre di Giulia, viene colpito da un ictus e non è più in grado di badare a se stesso. Non controlla metà del proprio corpo e non riesce a parlare. Nessuno può o vuole occuparsi di lui tranne sua figlia. L’uomo rifiuta di andare in una Residenza sanitaria assistenziale e comunque le rette sembrano troppo alte, così Giulia decide di curarlo a casa propria.
La vita di Giulia cambia. Cambia anche la sua casa, che dovrà adattarsi al nuovo arrivato e al passaggio di una carrozzina. Tutto questo, e non solo questo, ha un costo economico importante. La macchina nuova è già da cambiare: ne servirà una più grande, con la pedana automatica.
Al lavoro, col passare del tempo, cominciano i problemi. Per assistere il padre, Giulia chiede continui cambi turno ai colleghi. Quando può evita i permessi che le sono dovuti, ma alla fine si trova ad usarli spesso. Le sue assenze, a volte improvvise, danno fastidio. La situazione si fa stressante e Giulia si chiede se farà anche lei parte del 66% dei caregivers italiani costretti a lasciare il lavoro.
A casa è sempre nervosa. Le capita di essere poco gentile col padre e le dispiace. La capita anche di pensare che riavrà indietro la sua vita solo quando lui sarà morto. Malgrado tutto rimane una figlia, e le emozioni contrastanti che prova accompagnano ogni gesto quotidiano.
Tra il lavoro, le visite in ospedale e le giornate scandite dalle esigenze di Fulvio, Giulia non si ferma un attimo. Si accorge che non sta abbastanza dietro ai suoi figli, che sono sempre fuori e chissà cosa combinano. È preoccupata. Vorrebbe portarli in vacanza l’estate prossima, ma non è facile trovare qualcuno che si occupi di suo padre per così tanto tempo.
La situazione di Fulvio cambia di continuo e la costringe a imparare tante cose. È diventata infermiera, dottoressa, educatrice, ma si sente sempre inadeguata. Sono troppe le cose da sapere e non sa mai a chi chiedere, ha paura di sbagliare.
Ha assunto una badante per coprire gli orari in cui è al lavoro. Pensa che forse farebbe prima a stare a casa lei stessa, viste le spese e i grattacapi. Non è stato facile sceglierla, e si chiede spesso se sia la persona giusta. È difficile fidarsi.
Ha perso quasi tutte le amicizie: non ha tempo. Nemmeno per il cinema una volta al mese, o per le lezioni di ballo del giovedì sera. Si guarda allo specchio e si accorge che si sta trascurando. Ha mal di schiena quasi tutti i giorni e il medico le ha detto di non esagerare con gli antidolorifici, che dovrebbe riposarsi.
Soprattutto, Giulia è stanca. Le capita di trovarsi a fissare il vuoto e di non riuscire a muovere un dito. Il telefono suona, qualcosa brucia in cucina, il padre la chiama per nome. In quei momenti non le andrebbe nemmeno, se mai fosse possibile, di andare a ballare, o di partire per una vacanza in Svezia. Vorrebbe solo dormire.
Giulia non è una persona reale. Ho immaginato la sua storia per fare un esempio concreto: ci sono casi più semplici, ma anche situazioni più complesse.
Fonte: https://www.lenius.it/caregiver-in-italia/